
Allarme Coronavirus: da cosa dobbiamo difenderci realmente?
Poche settimane fa abbiamo iniziato a sentire parlare di un nuovo virus che si stava diffondendo a macchia d'olio nella lontana Cina. I media davano rilevanza a questa nuova sindrome influenzale e ci tenevano quotidianamente informati sulla crescita del fenomeno attraverso una puntuale e ossessiva contabilità dei numeri: quanti contagi, quanti morti, quanti sintomi, in quanto tempo...Allora, pur confortati dal fatto che la nuova influenza fosse dall'altra parte del globo, abbiamo iniziato a guardare con sospetto gli appartenenti all'etnia cinese, benché fossero nostri concittadini da 10 anni o più. Con la ripetizione della notizia in ogni tg, social e radio, sembrava che il virus fosse sempre più vicino, e che il pericolo potesse trovarsi nei pacchi provenienti dalla Cina o nei ristoranti e negli esercizi cinesi. Tuttavia, la situazione è peggiorata costantemente e al sempre crescente dilagare del virus, si sono adottate misure di contenimento sempre più estreme. Queste hanno avuto molteplici effetti, i cui esiti è bene non sottovalutare. Il distanziamento, la profilassi protettiva e cautelativa, la limitazione della libertà di spostamento e di lavoro, hanno creato una realtà senza precedenti, rispetto alla quale l'ansia, la paura o la rabbia sono state le risposte prevalenti. Ricordiamo che la paura è l'emozione che ci aiuta a proteggerci da ciò che sentiamo come una minaccia per la nostra esistenza. Quando però è eccessiva rispetto al pericolo genera emozioni realmente disfunzionali che influenzano i nostri comportamenti.
Ma attenzione!! Lo sapete che questi ultimi rischiano di metterci in un pericolo molto più concreto di quello che avevamo inizialmente immaginato? Nelle settimane scorse abbiamo assistito a reazioni emotive che tipicamente raccontano di persone che cercano di ripararsi dal pericolo come possono: ad esempio lasciando il luogo di residenza, di studio o di lavoro nelle zone rosse per raggiungere le famiglie nelle città d'origine, spesso incorrendo in sanzioni molto severe. Un altro atteggiamento dannoso per la salute è il reperimento e la condivisione continua di informazioni sul coronavirus. Questo aumenta la sensazione della gravità della situazione, del pericolo per la popolazione, e crea una sorta di isolamento mentale ed emotivo che ci rende impermeabili a tutti gli altri stimoli. Farsi contagiare dal panico collettivo ci rende inefficaci nell’adottare le misure più giuste e mantenere un giudizio critico degli avvenimenti. Questo invece, è fondamentale in questo momento, in quanto le fonti autorevoli (Organizzazione Mondiale della Sanità) dimostrano che il virus sia particolarmente contagioso, ma non particolarmente pericoloso per le persone che godono di buona salute (statisticamente più salgono i casi riportati, più numerosi saranno i decessi e le guarigioni registrate).
Da ciò deriva che le misure di restrizione della libertà sono connesse alla necessità di arginare l’epidemia perché la quota di persone che possono avere problemi seri diventa importante e difficilmente gestibile al livello della sanità pubblica. In pratica, per il bene comune (ed in particolare delle fasce più deboli) è richiesto il sacrificio di ogni singolo cittadino, ma ciò non significa che uscendo, automaticamente si rischia di morire o contrarre malattie mortali. Questa è una distorsione del pensiero generata dall’ansia dilagante a livello sociale.
Lasciarsi soccombere dall’emotività amplificata da queste dinamiche impedisce il ragionamento corretto e frena la capacità di comprendere tutto nella giusta prospettiva, certamente può non essere facile cambiare lo stile emotivo semplicemente attraverso la logica, invece, dare credito solo alle fonti scientifiche ufficiali è una strategia efficace per calmare l’ansia in eccesso.
La nostra salute psicologica è messa a dura prova dalla situazione di emergenza dovuta alla pandemia da COVID-19. Le informazioni ricorrenti sulla rapida diffusione del virus influenzale e sulla sofferenza dell’intero sistema sanitario determinano uno stato generalizzato di preoccupazione sulla propria salute e sull’impatto che le continue restrizioni alla libertà e alla mobilità avranno sul lavoro e sull’economia. Al contempo aumenta la consapevolezza dei costi sociali che la gestione delle comunicazioni ha avuto e avrà su tutti noi.
I continui aggiornamenti dei decreti governativi delineano un progressivo inasprimento delle disposizioni sulla libertà personale, determinando reazioni emotive drammatiche: le persone sono sempre più spaventate perché misure così drastiche confermano la gravità della situazione, determinando un aumentato senso di pericolo. Questo alza i livelli di stress prima, e di ansia in seguito.
Cosa è cambiato e come abbiamo reagito
Il dover stare in casa per un periodo prolungato ha cambiato drasticamente le nostre abitudini quotidiane, restringendo al minimo i nostri spostamenti e le nostre attività, creando sensazioni di malessere, apatia, irrequietezza, o irritabilità che vediamo sfociare in reazioni di aggressività auto diretta o eterodiretta. Stiamo davvero vivendo un’emergenza mondiale che genera reazioni psicologiche esasperate sia individuali che collettive (fuga di massa dalle zone rosse, assalti ai centri commerciali per gli approvvigionamenti, alle strutture sanitarie o alla guardia medica per una lettura dei sintomi, lo sfogo sui social verso potenziali “untori”, e così via). La reazione emotiva alla quarantena non è stata unanime: da un lato c’è stata quella parte di popolazione che era più sensibile al tema del pericolo sanitario e indeterminato che ci stava minacciando, dall’altro quella parte che per varie ragioni sentiva come prevaricanti ed eccessive le misure di restrizione e contenimento. I poli estremi di queste due “fazioni” hanno espresso un’emotività fortemente negativa e comportamenti esasperati. In generale, si è osservata una certa riluttanza, o sofferenza, ad aderire alla quarantena, probabilmente a causa della modalità di gestione delle procedure e della comunicazione. Stiamo tutti attraversando un processo di metabolizzazione di questa grave frattura della continuità della nostra vita e delle abitudini: l’essere umano è una creatura abitudinaria, che costruisce la sua identità sulla ripetizione delle esperienze congruenti.
Qual è la situazione emotiva generale e cosa possiamo fare
Il perdurare della quarantena inoltre, comporta il cambiamento delle nostre abitudini prolungando uno stato di alienazione sociale ed ipoattività che non sono assolutamente naturali per l'essere umano. Tutto ciò determina uno stato psicologico connotato da sentimenti prevalentemente negativi tra cui ansia, irritabilità, apatia, senso di smarrimento, con correlati fisici quali disturbi del sonno, inappetenza, fiacchezza. Lo stress cronico può influire sul benessere mentale e sul lavoro anche dopo un miglioramento della situazione, come si legge nell'articolo apparso recentemente su Lancet, Brooks S. K., Webster R. K., Smith L. E., Woodland L., Wessely S., Greenberg N., Rubin G. J., 2020: The psychological impact of quarantine and how to reduce it: rapid review of the evidence. Non è sufficiente mantenersi “abbastanza saldi” in questo periodo, ma è necessario adottare tutte le misure per moltiplicare le nostre risorse, ovvero costruire ciò che chiamiamo “resilienza”, per farsi trovare in salute quando l’emergenza rientrerà, pronti ad affrontare efficacemente un probabile effetto boomerang.
Supporto agli operatori sanitari e alle persone che lavorano per affrontare l’epidemia
Nella situazione attuale trovare un punto di equilibrio tra il far fronte alle richieste lavorative e il personale benessere può non essere facile. Pensiamo agli operatori sanitari in particolare: la necessità di stare lontani dalla famiglia può rendere ancora più difficile una situazione già impegnativa (mancanza di dispositivi di protezione nei diversi setting sanitari e assistenziali, scarsità di ore di riposo e assenza direttive per garantire la salute psicologica, oltre a quella fisica) nella quale è possibile sentirsi sopraffatti e persino in colpa. Le autorità governative e gli operatori che lavorano sul campo devono sapere che gestire la salute psicosociale durante questo periodo è importante quanto gestire la salute fisica. Sono stati attivati molti sportelli di supporto psicologico gratuito rivolti al personale sanitario, sull’onda di un’ampia mobilitazione spontanea da parte di psicologi e psicoterapeuti, tuttavia, siamo ancora in attesa di come verranno attuate le dichiarazioni del 9 marzo in cui il governo si impegna a favorire un’azione concreta di coinvolgimento di queste figure a livello istituzionalizzato.
Come superare positivamente il periodo di quarantena?
- Ricordiamo che non esiste una separazione mente corpo! La nostra mente influenza il funzionamento del corpo, e il corpo reagisce alle stimolazioni della mente, influenzandola a sua volta. Pertanto, ciò che può essere utile al tuo benessere è praticare un regolare esercizio fisico (ad es. Yoga, tai chi, ginnastica a corpo libero).
- Dedica un’ampia parte del tu tempo ad esercizi cognitivi, lettura e scrittura, tecniche di rilassamento, ad esempio respirazione consapevole, meditazione, autoipnosi.
A tal proposito ho messo a disposizione delle Risorse Audio GRATUITE che potrebbero aiutarti.
Visualizzale e scaricale per avere subito dei benefici. - Evita atteggiamenti di ricerca attiva di informazioni sul tema del coronavirus: riduzione del tempo dedicato ad ascoltare voci e opinioni infondate, cerca informazioni da fonti affidabili, ma limitatamente a 1-2 volte al giorno.
- Per tutto il tempo in cui sarà necessario stare in casa è importante mantenere uno stile di vita sano (includendo una dieta adeguata, la regolarità del sonno, l'esercizio fisico e i contatti con le persone care).
- È normale sentirsi tristi, angosciati, preoccupati, confusi, spaventati o arrabbiati durante una crisi. È importante parlare con persone di fiducia e contattare amici e familiari.
- Fare riferimento a un operatore sanitario, un professionista specializzato o un'altra persona di fiducia quando prevale il senso di sopraffazione.
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Trascurare l’impatto psicologico può avere una ricaduta sull’esposizione ai rischi di contrarre il virus in quanto mantenere per un periodo prolungato alti livelli di stress comporta un infiammo a carico del sistema endocrino e quindi del sistema immunitario, e quindi facilitare l’esposizione dell’organismo a vari agenti patogeni. Inoltre, può comportare assetti di pensiero funzionale che producono dei comportamenti reattivi rispetto al bene personale e della comunità (mancata osservazione delle limitazioni volte a ridurre il contagio, approvvigionamento esagerato di beni di prima necessità, abuso di alcol e fumo o farmaci, ecc), con conseguenze negative sul contenimento della pandemia. Ancora, è importante l’uso che facciamo del nostro linguaggio: “come parliamo” determina la qualità e le caratteristiche del nostro mondo interiore, e nel condividerlo, costruisce una realtà più ampia, anche all’esterno; per questo è utile fare attenzione a come ci esprimiamo e magari cambiare espressioni come "questo è un momento terribile” in "questo è un momento difficile ma ce la sto già facendo", o “è una guerra” in “è un’emergenza sanitaria temporanea”, o ancora “siamo obbligati a vivere in trincea” con “faccio una scelta consapevole e scelgo di restare a casa”.
È possibile imparare a convivere con la situazione di incertezza che ci accompagna in questo momento, continuando a pianificare le nostre attività quotidiane, fare programmi realistici e piacevoli per il futuro e mantenere la vigilanza. Noi psicologi lo stiamo già facendo insieme a voi. Continuiamo a farlo con pazienza e con passione. Se si ha bisogno di aiuto è importante rivolgersi al proprio psicologo e/o al proprio medico di fiducia per avere indicazioni,. Personalmente, sono attiva anche on line, come sempre, su prenotazione del servizio. Per ulteriori approfondimenti, aprite i link in calce. Buona e SANA lettura!
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