Pandemia da Covid-19: nuovo fenomeno sanitario e sociale.

Sebbene nella esistenza nostra e altrui possano emergere situazioni gravi e traumatiche, vi sono sempre possibilità di recupero di condizioni di vita ottimali: queste si creano attraverso la rinegoziazione di nuovi e più adattivi assunti del mondo, grazie all'integrazione nella propria mappa di quegli elementi che, depurati dalla tragicità, dalla gravità insita nel legame tra memoria ed emozione tipica del trauma, ricostruiscono la trama dell’esistenza del soggetto.
In questo articolo analizzo il fenomeno sanitario e sociale della pandemian da Covid-19 e dimostro quanto appena affermato.
Il 2020 rimarrà, con i suoi lunghi strascichi, un anno tristemente famoso per aver portato dei profondi cambiamenti di ordine mondiale, in ogni settore dell’attività e della vita umana. In Italia, ricordiamo che il governo, allertato dalla dichiarazione di emergenza internazionale di salute pubblica per il coronavirus (PHEIC), emanò a fine gennaio una delibera (pubblicata su G.U. anno 161*, n. 26, del 1° febbraio 2020) tramite la quale si allineava a quanto indicato dall’OMS. All’epoca non era successo ancora nulla di sconvolgente, ma qualcosa evidentemente si stava già preparando. Si dovrà tuttavia, aspettare più di un mese, in attesa che il Covid-19 manifesti la sua contagiosità, per avere il primo decreto tramite il quale si iniziavano a delineare i contorni della figura che pian piano emergeva dallo sfondo di quella che all’epoca si presentava ancora come una vaga emergenza.
Cosa è cambiato dal 9 marzo 2020?
Il messaggio a reti unificate del Presidente del Consiglio, e il conseguente decreto del 9 marzo hanno, di fatto reificato una lettura della realtà che abbiamo iniziato a vivere nelle sue conseguenze concrete sin dal giorno dopo, caratterizzata da elementi salienti quali i presidi medici affollati, il distanziamento sociale, i guanti, le mascherine e gli sguardi di diffidenza da cui trapela l’allerta, se non la paura verso ogni potenziale “untore”. La comunicazione della figura di maggior rilievo istituzionale ha di colpo cambiato la realtà del paese, ed ognuno di noi, dal giorno seguente ha dovuto prendere atto a suo modo dell’esistenza non solo possibile, ma attuale, di scenari impensabili e in certi termini inconcepibili. (Vilei, 2020; p.52)
Come reagisce il cervello davanti ad una realtà imprevista e minacciosa?
La presa di coscienza che ne è derivata ha prodotto uno spaesamento collettivo, un trauma, una rottura con la vita quotidiana, che però, a differenza delle prevedibili rotture tra vecchio e nuovo, nella normale evoluzione esistenziale, non trovava la sua fonte in una causa endogena, ma proveniva da un cambiamento imprevedibile del nostro mondo esterno. Come il cervello delle persone abbia potuto reagire a questa novità che prendeva le caratteristiche dello choc traumatico, è solo vagamente intuibile: sicuramente, le rassegne e gli studi avviati da quel momento hanno delineato uno stato che ha provocato enorme allerta sociale e sanitaria come conseguenza agli eventi di quei giorni e del lungo periodo Covid che sarebbe iniziato. Sebbene quella in corso non sia la prima grave epidemia giunta fino a noi, di fatto, questa presenta delle caratteristiche diverse, sia in merito alla tipologia dell’agente patogeno ed alle modalità di diffusione, sia (soprattutto) alle caratteristiche della società odierna, molto diversa da quella che ha affrontato le precedenti pandemie.
Ci troviamo insomma, per molti aspetti, in una situazione che non ha termini di comparazione. Questo significa che la popolazione italiana, in questo momento non può contare su un bagaglio di esperienze simili dal quale attingere per riuscire a fronteggiare un tale evento: siamo nella situazione paradossale di disporre di una quantità esorbitante di dati ed informazioni (spesso inaffidabili e in contrasto le une con le altre), ed allo stesso tempo privi di una mappa che ci aiuti ad orientarci e prevedere cosa può accadere e quale sarà l’evoluzione della situazione. Siamo impossibilitati a creare scenari configurabili realisticamente, senza certezze per il futuro, senza punti di riferimento dal passato. (Ibidem)
Le settimane ed i mesi seguenti hanno portato il continuo, progressivo inasprimento delle disposizioni sulla libertà personale, determinando reazioni emotive drammatiche perché misure così drastiche confermavano la gravità della situazione, determinando un aumentato senso di pericolo. Questo, come sappiamo, in molti casi alza i livelli di stress, che può facilmente trasformarsi in ansia. Il dover stare in casa per un periodo prolungato ha cambiato drasticamente le nostre abitudini quotidiane, i nostri spostamenti e le nostre attività, creando sensazioni di malessere, apatia, irrequietezza, o irritabilità che vediamo sfociare anche oggi (ovvero esattamente un anno dopo la citata delibera di febbraio 2020), in reazioni di aggressività auto o eterodiretta. Stiamo davvero ancora vivendo un’emergenza mondiale che genera reazioni psicologiche esasperate sia individuali che collettive (in origine fuga di massa dalle zone rosse, lo sfogo verso potenziali “untori”, assalti ai centri commerciali per gli approvvigionamenti, alle strutture sanitarie o alla guardia medica per una lettura dei sintomi, più recentemente grandi assembramenti di protesta in contrasto con tutti i decreti e le norme anti Covid). C’è però, da sottolineare che la reazione emotiva al lockdown nelle sue varie forme non è stata unanime, e si è configurata come nettamente polarizzata: da un lato l’ipersensibilità alla minaccia che a tratti scivola nel catastrofismo, di quella parte di popolazione più sensibile al tema del pericolo sanitario, dall’altro la negazione come meccanismo di difesa, agita da coloro che per varie ragioni, hanno sentito come prevaricanti ed eccessive le misure di restrizione e contenimento. I poli estremi di queste due “fazioni” hanno espresso un’emotività fortemente negativa e comportamenti esasperati il cui bisogno comune è stato quello di dare libero sfogo a livelli di tensione intollerabili.
La caduta del mondo presunto.
Stiamo tutti attraversando un processo di metabolizzazione di questa grave frattura della continuità della nostra vita e delle abitudini, ciò che è stato definito “la caduta del mondo presunto”: l’essere umano è una creatura abitudinaria, che costruisce la sua identità sulla ripetizione delle esperienze congruenti. Da queste derivano convinzioni, aspettative, magari anche illusioni riguardo la propria vita e il mondo, che danno origine a ciò che in psicologia viene definito assunptive world. La PNL ci spiega come ogni essere umano, infatti, possegga una serie di schemi mentali, ovvero un modello internalizzato della natura della propria realtà, la propria “mappa del mondo” (Bandler, Grinder, 1975; 1979). Appare importante sottolineare che quando ci si riferisce al concetto di mappa non si includono solo i processi strettamente cognitivi di attribuzione di senso e di produzione di nessi logici e causali all'interno di eventi significativi, ma parliamo di aspetti sia cognitivi che emotivi, che a loro volta hanno una forte ricaduta in termini comportamentali.
Stiamo tutti attraversando un processo di metabolizzazione di questa grave frattura della continuità della nostra vita e delle abitudini, ciò che è stato definito “la caduta del mondo presunto”: l’essere umano è una creatura abitudinaria, che costruisce la sua identità sulla ripetizione delle esperienze congruenti. Da queste derivano convinzioni, aspettative, magari anche illusioni riguardo la propria vita e il mondo, che danno origine a ciò che in psicologia viene definito assunptive world. La PNL ci spiega come ogni essere umano, infatti, possegga una serie di schemi mentali, ovvero un modello internalizzato della natura della propria realtà, la propria “mappa del mondo” (Bandler, Grinder, 1975; 1979). Appare importante sottolineare che quando ci si riferisce al concetto di mappa non si includono solo i processi strettamente cognitivi di attribuzione di senso e di produzione di nessi logici e causali all'interno di eventi significativi, ma parliamo di aspetti sia cognitivi che emotivi, che a loro volta hanno una forte ricaduta in termini comportamentali.
Cosa ci succede davanti al trauma?
Quando un individuo si trova ad affrontare un trauma, qualunque sia la sua origine, assiste al frantumarsi delle sue certezze su come “funzioni” il mondo. “L'evento traumatico non si limita a creare una ferita dolorosa nella storia di vita di una persona, ma determina una vera e propria lacerazione nella sua trama esistenziale che occorre ricucire attraverso una specifica clinica del trauma” (Semeraro, 2020; p. 12). L’ assunptive world è l’impalcatura che sostiene un modello mentale del mondo che, in assenza di traumi, si fonda su tre profonde convinzioni:
- il mondo è un luogo sicuro
- gli eventi che accadono nella realtà sono sostanzialmente connotati da intenzioni benevole
- ogni cosa è dotata di senso
Quando siamo di fronte ad un evento traumatico il vissuto che ci travolge è che non sia più possibile mantenere intatti i propri schemi mentali e che le emozioni diventino ingestibili: il mondo, così come lo conoscevamo è come se fosse andato in pezzi. Ma che cosa intendiamo per trauma? Τραύμα deriva dal greco e significa “ferita”, ovvero lesione prodotta nell'organismo da un qualsiasi agente capace di azione improvvisa e violenta. La parola ha quindi, una derivazione dal campo medico, ma trova un concreto impiego anche nell’ambito psichico: il trauma psichico ha luogo a seguito di un evento che colpisce per la sua portata ed allo stesso tempo per l’impossibilità dell’individuo di organizzare una RISPOSTA immediata e funzionale rispetto a ciò che si è presentato in maniera così rapida e inattesa, e che ha interrotto il senso di continuità del sé.
Che cos’è il trauma collettivo?
In quest’ottica, chiaramente, possiamo considerare la pandemia che si è manifestata un anno fa, esattamente nei termini del trauma, e ancor più specificatamente, del trauma collettivo. Infatti, non solo le persone hanno realizzato quasi all’improvviso che le loro vite erano cambiate e che tutti, nessuno escluso, eravamo in pericolo, ma come già detto, essendo sprovvisti di un bagaglio esperienziale, ciascuno non poteva prevedere come e quando ne sarebbe uscito. A questo, si è aggiunto il grave fardello di una quarantena che inizialmente è stata davvero pesante e scioccante, ma che ancora perdura sotto certi aspetti, che hanno conseguenze rilevanti sia al livello lavorativo che affettivo, ed ovviamente economico.
Quali possono essere gli effetti della quarantena?
Il prolungarsi della quarantena ha comportato uno stato di alienazione sociale ed ipoattività che non sono assolutamente naturali per l’uomo, che ha dovuto mettere in discussione le sue mappe comportamentali e di pensiero, la convinzione di vivere in un mondo magari non ideale, ma con riferimenti stabili. Il crollo delle nostre sicurezze acquisite dalla ripetitività delle narrazioni condivise e dalla continuità dei contesti sociali non può che determinare nella comunità un assetto psicologico connotato da sentimenti “diversi” e oscillanti. Lungi dal voler affermare definitivamente uno scenario presente e futuro condannato alla patologia diffusa e globale, si osservano tuttavia risposte ampiamente caratterizzate da ansia, irritabilità, apatia, senso di smarrimento rispetto al territorio (il lavoro, i ruoli sociali) e ai legami affettivi, accompagnati da correlati fisici quali disturbi del sonno, inappetenza, fiacchezza (Vilei, 2020).
Come ricostruire?
Lo stress cronico influisce certamente sul benessere globale anche dopo il superamento della fase critica (sempre che oggi si possa dire di aver superato la crisi), come si legge nell’articolo di Brooks e colleghi apparso recentemente su Lancet (Brooks, 2020). È fondamentale, perciò, adottare tutte le misure per moltiplicare le nostre risorse, ovvero costruire ciò che chiamiamo “resilienza”. Gli psicologi e gli psicoterapeuti sono stati in prima fila sin dal primo momento della pandemia, nel cercare di fronteggiare ciò che accadeva, impegnati su più fronti: personale, come categoria travolta dall’emergenza, e chiaramente professionale con i pazienti vecchi e nuovi. Noi come tutti, abbiamo affrontato il crollo del nostro mondo presunto, abbiamo cercato, dopo un primo momento di spaesamento, di riorganizzarci e capire quale fosse la modalità migliore per essere presenti nell’emergenza, ma soprattutto, abbiamo dovuto rispondere alla chiamata per cui siamo diventati operatori della relazione d’aiuto, accompagnando i nostri pazienti in un processo di ri-narrazione di sé che consenta di rendere gestibili le emozioni. Per fare ciò siamo tutti passati necessariamente attraverso la rinegoziazione di nuovi e più adattivi assunti del mondo, attraverso l’integrazione nella propria mappa, di quegli elementi che, depurati dalla tragicità, dalla gravità insita nel legame tra memoria ed emozione tipica del trauma, ricostruiscono la trama dell’esistenza del soggetto.
Testo estratto e rielaborato da La caduta del mondo presunto, (2020), A.A.V.V.,Milano, Kiwi
Bibliografia:
Bandler, R., Grinder, J (1975 b), La struttura della magia, Astrolabio, Roma, 1979
Beder, J. (2004/2005). Loss of the assumptive world. Omega, Vol. 50(4) 255-265.
Brooks S. K. (2020). Brooks S. K., Webster R. K., Smith L. E., Woodland W. R.-6.-8. The psychological impact of quarantine and how to reduce it: rapid review of the evidence. Lancet, DOI: https://doi.org/10.1016/S0140-6736(20)30460-8.
Semeraro R. (2020), “Trauma individuale e trauma collettivo”, in La caduta del mondo presunto, Milano, Kiwi
Vilei, A. (2020), “Il trauma collettivo come costruttore di significati”, in La caduta del mondo presunto, Milano, Kiwi
Prenotazioni e info al n. 389 99 90 830